Quale futuro per gli autotrasporti trasfrontalieri

di Vanessa Masè

In questi giorni, in seguito all’incontro che vi è stato a Castel Tirolo il 23 novembre scorso, tra i Presidenti italiano e austriaco, alla presenza dei Presidenti delle due Province autonome, il tema trasfrontaliero è particolarmente vissuto e dibattuto. Si è scritto e detto molto sui rapporti tra i territori al di qua e al di là del Brennero, ma vorrei entrare nel dibattito ponendo l’accento su una sua “difficile” declinazione reale, mi riferisco al tema dei trasporti transfrontalieri.

Da parecchi mesi seguo con grande attenzione quanto sta avvenendo in Tirolo, con la preoccupata sensazione che, a livello di sensibilità diffusa, non si stia ancora percependo chiaramente la portata concreta dei divieti che il Land austriaco sta ingiustamente continuando ad incrementare dopo averli introdotti a partire già dal 2003, a discapito in particolare degli autotrasporti italiani. Difendere la libera circolazione delle merci non può essere visto come un baluardo corporativistico degli autotrasportatori – che attraverso Anita (l’Associazione Nazionale Imprese Trasporti Automobilistici) cercano di far sentire in tutte le sedi istituzionali la loro voce – ma è un compito che spetta a tutti noi, perché se non saremo in grado di sostenere questa battaglia le conseguenze saranno pesantissime. Oggi su gomma viaggia oltre l’80% delle merci, incluse tutte quelle che troviamo nei nostri negozi o che permettono alle nostre aziende di funzionare; l’infrastrutturazione ferroviaria, che permetterà il passaggio dal trasporto su gomma alla rotaia, potrà cominciare a dare risposte efficaci, e aggiungo ‘se accuratamente pianificate con tutti i corollari necessari’, probabilmente tra dieci anni. Il settore degli autotrasporti determina una importante voce non solo occupazionale ma anche in termini di PIL e la logistica è anche quello che consente al nostro export di rimanere in piedi. Trovo sia assai rilevante una dichiarazione apparsa sulla stampa nazionale nei giorni scorsi in cui si legge: “dobbiamo prendere coscienza di essere ostaggio di un imbuto, i valichi alpini sono l’imbuto che strozza – anche in modo strumentale – le esportazioni italiane”. Infatti, dietro il velo ambientale, c’è ben altro, e lo sanno bene le Camere di Commercio del Nord Est e della Baviera che hanno recentemente pubblicato gli ultimi dati relativi al settore, ma è di immediata comprensione anche solo riportando due semplici fatti: 1) dai divieti si genera un appesantimento del traffico tale da creare la paralisi che genera anche livelli di inquinamento esponenzialmente più alti rispetto ad una mobilità scorrevole; 2) da tali divieti sono ovviamente esclusi i trasporti con origine/destinazione il territorio austriaco. Ad oggi, a causa dei divieti settoriali, non possono attraversare questo territorio le seguenti categorie di merci: legname in tronchi, sughero, rimorchi, veicoli per il trasporto di persone e merci, acciaio, rifiuti, pietre, terre, materiali di risulta o detriti. A questi, tra poco più di venti giorni, si aggiungeranno carta e cartone, prodotti minerali liquidi, cemento, calce, intonaco bruciato-gesso; tubi e profilati cavi, cereali. Banalizzando, significa ad esempio che piastrelle prodotte in Italia non possono attraversare il Brennero per essere vendute in Nord Europa, a meno che non siano trasportate su mezzi immatricolati dopo il 31 agosto 2018. Ma in questo contesto economico, quante possono essere le aziende in grado di rinnovare il loro parco mezzi (peraltro consideratone il costo, e posto che l’Unione Europea preclude in gran parte gli aiuti pubblici) per non dover soggiacere a questa imposizione? Se pensiamo a quanto pesa, in termini di PIL, l’export trentino (ragionando solo stando in casa, anche se come detto il problema riguarda almeno tutto il Nord Est e la Baviera) ci rendiamo conto che questo ulteriore inasprimento dei divieti settoriali è una imposizione non sopportabile per il nostro sistema, tenuto conto che ai divieti settoriali si somma anche il divieto di transito notturno, di circolazione di sabato oltre ai sistemi di dosaggio per il passaggio dei veicoli e non dimentichiamoci gli elevati pedaggi autostradali che incidono notevolmente sui costi che inevitabilmente finiscono con lo scaricarsi sui consumatori finali, cioè noi tutti. Anita, anche nei giorni scorsi, ha ancora una volta rappresentato tutte queste criticità al ministro delle Infrastrutture Paola de Micheli, ottenendo un impegno formale, sottoposto sotto forma di lettera al commissario UE ai Trasporti, Adina Valean, affinché intervenga prima che i veti del Tirolo previsti da gennaio possano portare conseguenze ancora più gravi per l’export soprattutto italiano. È fondamentale che si ottenga una rivisitazione di queste politiche che impediscono la libera circolazione delle merci perché, se a Castel Tirolo è stato detto che siamo una Europa dentro l’Europa, uno dei primi tasselli da far combaciare nuovamente in un’ottica di collaborazione e crescita reciproca è proprio questo.

*Consigliere provinciale de La Civica

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