Fiumi e pesca a rischio

Messa al bando di trota iridea e salmerino alpino

È di questi giorni la notizia che nel nostro territorio sono al via i preparativi per la seconda edizione del Fly Fishing Festival, che tanto successo aveva avuto con la sua prima edizione. Si tratta di un evento significativo sotto molti punti di vista, perché contribuisce ad esaltare la grande bellezza e naturalità delle nostre acque e delle valli meno conosciute, inserendosi in un interessantissimo mercato turistico internazionale, e riconoscendo nel contempo il giusto ruolo che i pescatori hanno sempre svolto nel mantenimento dell’ecosistema fluviale trentino.

Tale ruolo però, in queste settimane, è pesantemente messo a rischio per una situazione che a mio avviso non può che essere definita paradossale. Tutta la comunità appassionata dell’arte alieutica è infatti con il fiato sospeso in attesa che il Ministero per la Transizione Ecologica modifichi il decreto che, se il contenuto non viene rivisto, potrebbe di fatto sancire la fine della pesca dilettantistica, penalizzando l’acquacoltura e gli impianti per la pesca sportiva, e pregiudicando la pesca nelle acque interne. Un provvedimento, a mio avviso draconiano, del 2020 infatti ha sancito la messa al bando della trota fario, della trota iridea, del salmerino alpino e del coregone lavarello, e cioè dei salmonidi definiti “non autoctoni”, ma che da oltre un secolo sono oggetto di immissioni e ripopolamenti per la gestione della pesca sportiva dimostrando di essersi inseriti negli ecosistemi fluviali e lacustri senza manifestare caratteristiche di invasività, né eccessiva competizione con le specie indigene, svolgendo altresì un ruolo importantissimo in termini ambientali, socio-economici e sportivi.

In tutto ciò va rilevato che, purtroppo, la nostra Autonomia non ha alcuna competenza, ricadendo questa materia interamente in quella dell’Ambiente, prerogativa dello Stato. Per operare tale scelta così restrittiva il legislatore nazionale si è basato su un documento elaborato dall’AIIAD (Associazione Italiana Ittiologi Acque Dolci) dal titolo: “Principi guida riguardanti le immissioni di fauna ittica nelle acque interne italiane”. É giusto sapere che tale documento, che come conseguenza potrebbe provocare, se non adeguatamente corretto, la messa in ginocchio di tutto il settore della pesca dilettantistica interna, è stato discusso (e peraltro complessivamente approvato con soli 23 votanti dei quali: 13 favorevoli, 8 contrari e 2 astenuti) da una associazione ambientalista di diritto privato, che non può certamente considerarsi “terza”, e che ha posto il Millecinquecento come data di riferimento per stabilire se una specie è autoctona oppure no. Della Salmo Trutta, cioè la trota fario, ad esempio si dice che “Seppure possibile, il fatto che l’introduzione di Salmo trutta nel fiume Adige sia avvenuta prima del 1500 non è provato”, definendola quindi alloctona, e pertanto vietandone le immissioni. Ebbene, se lo stesso criterio valesse per i vegetali, nei nostri orti non potremmo più piantare mais, pomodori, patate! Ecco perché la situazione è davvero paradossale, oltre che gravissima in termini di conseguenze, se il ministro Cingolani non deciderà di intervenire.

Il mondo trentino della pesca conta su oltre trenta associazioni di pescatori, con circa 10.000 tesserati il cui ruolo, come si diceva all’inizio, è fondamentale per le nostre acque. Infatti, il lavoro svolto attraverso gli incubatoi è un sostegno fondamentale alle popolazioni selvatiche. Oltre ai numerosi progetti di tutela della marmorata (specie autoctona, ma che fatica ad adattarsi a molti dei nostri corsi d’acqua), le migliaia di esemplari di fario e salmerino che si stanno allevando nei 18 impianti ittiogenici provinciali – gestiti appunto dai pescatori – di norma servono a garantire la presenza dei pesci nei fiumi e nei laghi. Questo perché il successo della riproduzione naturale è sempre più aleatorio, ma non certo a causa della pesca o della presenza di specie che i rappresentati della Associazione Italiana Ittiologici di Acqua Dolce vorrebbero definire alloctone! La sopravvivenza delle specie ittiche (e non solo) è decisamente minacciata e condizionata dal generale degrado del fiume: alvei bistrattati, la costruzione di briglie, il mancato rispetto del DMV, l’inquinamento, i violenti fenomeni climatici che determinano piene improvvise e devastanti. E, in termini di pressione, non possiamo non tenere conto della presenza distruttiva di cormorani e aironi, che se non potranno più trovare nei fiumi fario ed iridee in abbondanza – con buona pace dei pescatori – daranno il colpo di grazia alle marmorate rimaste.

Di fronte a questo quadro sgradevole ma realistico, tutti auspichiamo che la compattezza del mondo della pesca a livello nazionale, insieme alle rappresentanze politiche regionali e nel nostro caso provinciali, riesca a far modificare questa dissennata decisione.

Vanessa Masè

Consigliere provinciale e Capogruppo de “La Civica”

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