Ass. Mattia Gottardi
Nell’epoca dei social network, Rodolfo Borga era fieramente piantato con i piedi nel terreno.
Ad un mese dalla sua scomparsa, vorrei ricordare il Consigliere Rodolfo Borga, fondatore e Presidente di Civica Trentina, uomo della tradizione e, come ha dichiarato in Aula il Presidente Kaswalder, dotato di un’etica che lo ha reso Signore fuori e dentro le Istituzioni.
Politico, amministratore ed avvocato. Borga rappresenta un buon esempio, chiamiamolo così, di sincretismo riparatore del topos classico della dicotomia tra la rigidità cristallina del diritto, che si nutre dei suoi schemi concettuali, ed il dinamismo travolgente della vita concreta. Riusciva a fare questo non solo per la sua intelligenza e la dedizione allo studio, doti riconosciute unanimemente da tutti, ma anche perché univa il ruolo dell’avvocato a quello di amministratore e legislatore.
Il politico che fa l’avvocato può – o dovrebbe avere gli strumenti per poterlo fare – superare l’alterità tra diritto e mondo reale, soprattutto quando, come nel caso di Rodolfo, prima di occupare gli scranni del Consiglio provinciale, ha rivestito e vissuto appieno il ruolo di amministratore locale. Affrontare, sperimentare, a volte anche scontrarsi con la realtà della vita e dei problemi dei propri concittadini, aiuta a mettere a fuoco la frastagliata poliedricità della concretezza ed affinare la capacità del distinguo, pratiche, queste, in grado di porre le fondamenta all’astrattezza del diritto ed alla reificazione del “positum”.
E Rodolfo, sotto questo punto di vista, era pienamente assorbito nella sua realtà tanto da risultare anestetizzato contro anche la più latente forma di analfabetismo emozionale ed empatico.
Straordinaria riprova di questo ne è che in occasione del suo funerale e dei giorni che ne sono seguiti, tutti coloro che hanno voluto ricordarlo lo hanno fatto con un aneddoto, una sua frase, un momento di vita vissuta, cosa molto rara da riscontrare per una persona che è anche personaggio pubblico.
Essere avvocato che fa politica permette, inoltre, di dare forma e confini ad un proprio disegno programmatico attraverso il ruolo legislativo, posto in essere al meglio grazie all’acutezza nella scelta degli strumenti normativi tipica di chi tutti i giorni ha a che fare con il diritto.
Non, quindi, politica ideologicamente astratta, ma impostazione tracciata verso le esigenze tangibili. Quante volte ci siamo scontrati con le classiche leggi-fatte-con-i-piedi che traducono solo per paradosso la loro ratio, ma che concretamente nella migliore delle ipotesi lasciano lo spazio per scappatoie, mentre nella peggiore si tramutano in strumento per ottenere l’opposto di quanto dichiarato negli intendi dal legislatore? Essere a conoscenza della vita che la singola legge dovrà affrontare dopo il battesimo del voto, agevola il compito di chi di quella stessa legge deve disegnarne gli iniziali confini.
Borga sapeva utilizzare anche la sofisticata arma dell’intelligenza istituzionale, organicamente inserita in un contesto che potremmo definire di dottrine politiche: aveva piena consapevolezza del fatto che ogni istituzione, anche se solo in atto, potenzialmente può dar vita a tendenze assolutistiche e che compito dell’uomo che vive un impegno collettivo è quello di non permettere alla forza centripeta esercitata dal potere politico di piegare i valori individuali e legittimi dei singoli.
Sapeva, detta in altri termini, utilizzare il diritto per opporre resistenza alle idee dominanti se a farne le spese sarebbero stati gli ideali ed i principi di una parte della nostra Comunità.
Era un legislatore attento, attento a raccogliere le istanze non solo individuali, quindi, ma anche collettive -o comunitarie, come avrebbe detto lui- del nostro popolo, del quale era pieno rappresentante.
Rodolfo era un uomo della tradizione, un vero e proprio distillato dei valori e dei costumi che ci sono stati lasciati in dote da coloro che prima di noi hanno vissuto e costruito questo Trentino. Era un uomo che guardava ai giorni nostri, perché dai giorni nostri si devono raccogliere gli strumenti per disegnare il futuro. Del resto difendere la tradizione, come scriveva Gustav Mahler, non è il culto delle ceneri ma la custodia del fuoco, quel fuoco che “brucia vispo nei solchi lasciati dalle vite di chi abita questa terra”.

Rappresentava il Trentino anche ad un fugace colpo d’occhio, anche prima di sentirlo parlare nel suo perfetto italiano, giocato nei toni e nei ritmi con inflessioni od intere citazioni dialettali, con i suoi atteggiamenti ed i capi di abbigliamento tradizionale spesso presi dal guardaroba del padre. Un professionista pulito e che badava poco ai fronzoli ed agli orpelli ma che si concedeva la rustica eleganza di un quadro ritraente Andreas Hofer sia nel suo studio legale che negli uffici del Gruppo consiliare dove svolgeva il suo lavoro di Consigliere.
“La nostra è una terra ad identità plurale, come spesso accade per i territori di frontiera” aveva avuto modo di scrivere in una sua riflessione qualche anno fa “Pochi si sentono trentini. Io sono tra quelli, sentendomi trentino di lingua e cultura italiana. La diversità culturale che ci caratterizza è una ricchezza e come tale va considerata, senza alimentare conflitti che francamente oggi non hanno ragione d’esistere e finiscono con il fare il gioco dei nemici della nostra identità storica.”
Un uomo con salde radici, carismatico, burbero ma in grado di toccare angoli di inaspettata simpatia, com’è usuale trovare nel carattere della nostra gente.
Rodolfo ci manca già, ma sappiamo che guardandoci attorno e nell’essenza del nostro Trentino potremmo dire “c’è qualcosa di Borga in tutto questo”.
Mattia Gottardi